Insegniamo ai bambini a prendersi cura dell’amico a 4 zampe
Spontanei, vivaci, istintivi: caratteristiche che si adattano perfettamente sia ad animali sia a bambini. Molto simili tra loro, comunicano anche senza parlare, attraverso gesti, giochi, emozioni. Il loro dialogo è semplice e naturale, si comprendono facilmente e sono incuriositi reciprocamente gli uni verso gli altri. Tuttavia, purtroppo, spesso i timori dei genitori non facilitano questo incontro e la convivenza nella maniera adeguata: anzi, alimentano paure, diffidenza e perfino aggressività nei confronti dei quattro (e due) zampe, sviluppando un rapporto malsano che difficilmente si riuscirà a scalfire.
In realtà i bambini, istintivamente, desiderano il contatto con gli animali proprio perché si riconoscono in loro: ed ecco perché questo rapporto dovrebbe essere coltivato e stimolato, con le dovute attenzioni e precauzioni.
Per un bambino occuparsi di un animale è benefico, educativo e salutare: al contrario di quello che si pensa, aiuta a sviluppare al medesimo tempo empatia, senso di responsabilità e, perché no, anche difese immunitarie da possibili allergie future. Per un piccolo crescere con un animale significa comprendere anche le varie fasi della vita, dalla nascita alla morte, la malattia, le necessità di sopravvivenza: un cane o un gatto, per citare i più diffusi, hanno bisogno di cibo, acqua, coccole, cure, attenzioni, pulizia. L'animale, quindi, diventa per il bambino una vera e propria scuola di vita, perché, al pari suo, mangia, beve, dorme, sporca, gioca, obbedisce e disobbedisce. Il rapporto con l'animale insegna quali sono i limiti, dove fermarsi nel gioco, cosa è gradito o meno, aiuta il piccolo a scoprire le emozioni altrui e la reazione ai propri comportamenti.
Ogni specie, ovviamente, manifesterà le caratteristiche specifiche e questo svilupperà anche nel bambino il rispetto per la diversità che, con la crescita, si allargherà anche in ambito umano nelle relazioni sociali con i propri pari.
Così il piccolo apprenderà che il cane è giocherellone, vivace ma magari un po' invadente, mentre il gatto più riservato e curioso, il coniglio delicato e timido, e così via.
Ovviamente il rapporto bambino/animale andrà costruito poco per volta con grande attenzione, per evitare rischi per entrambi: il piccolo dovrà imparare a non svegliare il gatto mentre dorme spaventandolo, a non prendere in braccio il coniglio ma accarezzarlo a terra, a pulire l'alloggio del criceto senza invadere i suoi spazi, a non mettere la mano nella ciotola o avvicinarsi mentre il cane sta mangiando, a non tirare coda, orecchie: insomma, a non trattare l'animale come un giocattolo o un peluche, perché si tratta di un essere vivente che deve essere rispettato, accudito e amato per le sue caratteristiche specifiche. Allo stesso modo, l'accudimento e i primi approcci dovranno essere adeguati all'età del bimbo: i più piccolini potranno assistere alla toilette e imparare a spazzolare, oppure aiutare a cambiare l'acqua nella ciotola, i più grandicelli inizieranno a tenere il cane al guinzaglio sotto l'occhio vigile del genitore, a far giocare il micio con palline o sonaglietti, a fornire verdura al coniglio, ad esempio.
Anche nella scelta dell'animale si dovrà tenere conto dell'età del piccolo: cani di grossa mole possono essere docili ma magari potrebbero intimorire, viceversa i più piccoli potrebbero talvolta essere maggiormente caratteriali e mordaci se manovrati in maniera inopportuna. Se il bambino tende a prenderlo in braccio continuamente si dovrà frenare l'impulso eccessivo: l'animale potrebbe innervosirsi o cadere e farsi male, quindi il piccolo andrà ripreso senza spaventarlo ma spiegando quale è il modo per relazionarsi meglio con lui, ad esempio attraverso il gioco, le coccole, le cure.
Quando in famiglia ci sono dei bambini e si decide di prendere un animale bisogna vagliare con attenzione alcuni aspetti:
età del bambino: a partire dai 2 anni i bambini possono essere attratti da un animale a causa della diversità fisica ma possono non comprendere ancora le necessità e le esigenze specifiche. Dai 4-6 anni possono essere più responsabilizzati e attratti da questa importante relazione. In ogni caso un bambino che fin da piccolissimo convive con un animale avrà dei benefici maggiori.
età dell'animale: per quanto sia bello far crescere due cuccioli (umano e non) insieme, le gestione può; essere più complessa e impegnativa. L'ideale è un animale che abbia già avuto esperienze di socializzazione con i bambini entro i primi tre mesi di vita e che sia rimasto con la mamma almeno fino ai due mesi di vita in modo da non aver risentito del distacco con conseguenti disturbi caratteriali. Se si opta, invece, per un animale anziano è ancora più importante insegnare al bambino a rispettare i suoi tempi, i suoi ritmi e il maggior bisogno di tranquillità: è meno attivo, meno tollerante e con minor voglia di giocare; inoltre le patologie legate all'invecchiamento (artriti, sordità, difficoltà visive, dolori, insicurezza, paura, ecc.) possono rendere l'animale più nervoso e preoccupato e il bambino può; non comprendere i limiti di tolleranza.
il tipo di animale e la taglia: sicuramente il cane è l'ideale ma anche altri piccoli animali come gatti, uccellini, ecc. possono essere compagni importanti per la crescita, non solo del piccolo ma dell'intero nucleo familiare. L'importante è non insegnare al bambino che l'animale deve stare in gabbia: quindi meglio libero almeno per parte della giornata. Che si tratti di un cane o di un gatto è preferibile optare per un animale che abbia già avuto modo di interagire con i bambini. Di solito le femmine (per quanto riguarda i cani) sono più docili e meno inclini all'aggressività.
il carattere dell'animale: meglio prediligere animali socievoli, poco timorosi e non troppo agitati. Non esiste una regola ferrea nemmeno per una razza: anche se ci sono predisposizioni sicuramente ciò; che conta è la storia passata dell'animale e, preferibilmente se ha già avuto esperienze positive con bambini. Si possono infatti trovare Labrador (definita la razza per i bambini) che non amano i bambini e, al contrario, Rottweiler che risultano invece un'ottima e affidabile compagnia. Quello che conta è il vissuto: i cani che durante il loro sviluppo (in particolare durante la fase di socializzazione tra le 3-4 e le 12 settimane di vita) non sono mai venuti a contatto con i bambini, potranno considerarli come una cosa sconosciuta da evitare e quindi manifestare vari gradi di paura nei loro confronti.
Alcuni insegnamenti sono, poi, fondamentali per evitare incidenti spiacevoli o difficoltà di relazione con l'amico a quattro zampe.
Il bambino dovrà imparare a non disturbare il cane e il gatto quando mangia o quando riposa perché l'animale potrebbe infatti sentirsi minacciato o spaventarsi. Inoltre dovrà rispettare il suo "territorio" evitando di toccare la ciotola, la cuccia e i giochi, che andrebbero sempre collocati in una zona tranquilla al riparo dal piccolo.
Si potrà insegnare a coccolarlo in maniera corretta: ad esempio intorno ai sette mesi, si può; iniziare ad abituarlo ad accarezzare utilizzando un pupazzo, prendendogli la manina, e invitandolo a toccare delicatamente il peluche e a ripetere più volte il movimento, accompagnandolo con la parola "coccola".
Per quanto riguarda i giochi adatti per i più piccoli, molto semplicemente il bambino potrà divertirsi (e far divertire a sua volta l'animale) a tirare un croccantino per osservare il gatto che lo rincorre per mangiarlo o ancora mostrargli come si nasconde nelle scatole di cartone ecc…
In tutte queste fasi, ovviamente, la supervisione e la presenza dell'adulto non dovranno mai mancare: una reazione aggressiva o anche un morso o un graffio involontari, potrebbero, infatti, produrre un effetto negativo a lungo termine sul bambino portandolo a sviluppare paura nei confronti dell'animale. Nei momenti in cui la supervisione non è possibile (almeno fino a quando il rapporto non sarà consolidato) sarà sempre opportuno tenere gli spazi separati ad esempio usando piccoli cancelli per dividere gli ambienti, o tenendo il cane in un altra stanza impegnandolo con un gioco di "attivazione mentale" .
Articolo scritto da: Roberta Marino