Di Minori stranieri non accompagnati (MSNA) si sente parlare spesso nei dibattiti televisivi, nei notiziari, negli appelli fatti dalle organizzazioni umanitarie. Se ne sente parlare anche perché manca ancora una normativa strutturata ed efficiente che li tuteli e protegga realmente, ma chi sono davvero, oltre il filtro dello schermo e dei paroloni della burocrazia?
Sono bambini e ragazzi accomunati dall’essere minorenni e stranieri, approdati senza genitori né tutori legali in Europa soprattutto via mare, merce dei trafficanti di esseri umani che sulla miseria del continente africano, della sua esplosione demografica e della polveriera mediorientale hanno costruito un business, nel vuoto di una legislazione nazionale e internazionale adeguata.
Ho avuto l’opportunità di trascorrere un periodo in una comunità educativa che si occupa di accoglienza, tutela e percorsi di integrazione fino al raggiungimento della maggiore età, e ciò; che è custodito tra quelle quattro mura sono innanzitutto le storie di ragazzi con un nome e un cognome, tutti aggrappati a un sogno.
Sognano una vita buona, un lavoro, guardare il tramonto alla fine di una lunga giornata insieme a chi amano, sapendo di potere progettare il proprio futuro. Niente di esageratamente ambizioso, anzi. Quando chiedo loro quale lavoro vorrebbero fare le risposte sono quelle di persone coi piedi per terra: qualsiasi lavoro legale che permetta di portare il pane a tavola, pagare un affitto e magari avere un giorno libero per stare con gli amici, che lontano da casa sono una seconda famiglia. E studiare, anche. Soprattutto l’italiano.
Eppure, per chi nasce altrove, queste esigenze possono essere vere e proprie sfide: atti di coraggio rivoluzionari. Ciò; che colpisce chi come me è abituato ad un’altra adolescenza è che nonostante la giovane età sappiano cosa vogliono ma ancor di più cosa non vogliono. Non vogliono vivere alla giornata cercando il modo di guadagnarsi un pezzo di pane e poi ricominciare da capo il giorno dopo; non vogliono che arrivare vivi a sera sia l’unico obiettivo concepibile; non vogliono dovere rinunciare ai propri legittimi sogni.
A volte sono i genitori stessi a farli partire, investendo su quella che sembra l’unica opportunità sensata per dare un futuro ai propri figli, con la speranza che una volta arrivati in Italia possano aiutare economicamente la famiglia nel Paese d’origine. Altre volte i genitori non ci sono, in ogni caso i viaggi sono vere e proprie Odissee. Una volta creato un rapporto di fiducia spesso sono i ragazzi a volerli raccontare, e quello che come ascoltatrice e testimone fatico a tenere insieme è l’immagine del ragazzo che conosco io, con il quale rido, scherzo, faccio merenda e studio italiano, e il vissuto che si porta dentro.
E’ una distanza che sgretola, ma è in quello spazio che dovrebbero lavorare gli operatori sociali (mediatori, educatori, assistenti sociali, psicologi, pedagogisti ecc.) per costruire insieme all’utente un percorso che integri insieme le diverse dimensioni in tensione tra loro, e gli fornisca strumenti adeguati per prendere in mano la propria vita. Questo implica un lavoro molto complesso improntato innanzi tutto sull’ascolto, sulla familiarità con spazi “altri” dove riuscire a sentire e sentirsi. Implica l’abbandono preventivo di qualunque credenza paternalistica, soprattutto quella di potere salvare chicchessia. Implica il rispetto della dignità dell’altro, che passa sempre dalla propria.
L’Italia, come porta d’Europa, ha un ruolo centrale nell’affrontare quella che è un’emergenza umanitaria ma anche un fenomeno che deve e può; essere governato: una volta approdati i ragazzi sono tutelati da fonti giuridiche eterogenee, prima tra tutte la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Fanciullo, ratificata a New York il 20 novembre 1989. Purtroppo, trattandosi di una materia molto complessa, allo stato attuale la figura giuridica del Minore straniero non accompagnato è soggetta a un approccio ambivalente: da un lato l’imperativo della tutela, dall’altro quello del controllo, dando vita ad un sistema disorganico che veicola inclusione ed esclusione. Questo lascia carta bianca alla discrezionalità dei privati, che si inseriscono in quello che è a tutti gli effetti un nuovo mercato, con tutto ciò; che ne consegue.
Al netto dei se e dei ma, ben oltre la complessa situazione giuridica e la necessità di una legge che garantisca un quadro normativo stabile entro cui muoversi, per gli operatori sociali che fanno il proprio mestiere con passione ciò; che accade ogni giorno sono tanti piccoli miracoli che testimoniano di una realtà oggettiva: sotto al cielo nessuno è straniero. Un paradosso dirlo quando in pochi metri quadri si parla una Babele di lingue e comunicare diventa una sfida, e però; di fronte alla luna che sorge, alla partenza di un amico, alle risate o al bisogno di essere amati ci si scopre simili, ben oltre la barriera linguistica e culturale. Ed è da lì, da quel substrato umano “primitivo”, che si comincia. Insieme.
Al termine di questa esperienza potrò; dire che loro hanno dato a me molto più di quanto io abbia dato a loro; che le migliori amicizie sono nate da un sorriso e dalla volontà di capirsi:
– “Io insegno a te l’italiano, tu insegni a me l’arabo, va bene?”
– “Tamam, va bene”;
che il futuro di questo vecchio continente è nelle nostre mani ma soprattutto nelle loro, e che se nutro qualche speranza nel domani è perché ho conosciuto ragazzi arrivati dall’altra parte del mare per costruirlo, e nessun muro, neanche la paura di morire, li ha fermati.
Il fenomeno in numeri:
I MSNA sono in maggioranza maschi di età compresa tra gli 0 e i 17 anni.
Il Report di Monitoraggio annuale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali indica tra i 15 e i 17 anni il range di età più rappresentato.
Il numero di presenze registrate in Italia al 31/12/2016 è di 17.373, quasi il 46% in più rispetto all’anno precedente, in continua crescita.
E a questi numeri vanno affiancati i dati sommersi che riguardano i minori di cui si sono perse le tracce. Al 31/12/2016 sono 6.561 i minori non accompagnati che risultano irreperibili. Spesso si allontanano dal circuito dell’accoglienza scoraggiati dai lunghi tempi della burocrazia. Qualche volta non vi entrano proprio, inghiottiti da un sistema a maglie larghe e da reti criminali. Per tacere della tomba a cielo aperto che è il Mediterraneo.
Save the Children e l’Unicef sono impegnate in prima linea per la creazione di un sistema strutturato ed efficiente che li tuteli e protegga, per questo sostengono con forza il Disegno di Legge finalmente approvato in Senato a inizio marzo che garantirebbe un quadro normativo nazionale stabile entro cui muoversi. Manca solo l’approvazione finale alla Camera e le diverse Organizzazioni coinvolte, insieme alle forze politiche promotrici, auspicano che il ddl diventi presto Legge di Stato, e noi con loro.