Secondo il calendario liturgico cattolico il 29 settembre si festeggia San Michele Arcangelo, comandante delle milizie celesti e vincitore della battaglia finale contro il demonio.
Ma l’Arcangelo Michele non è solo una figura centrale del culto cattolico: figura simbolicamente trasversale, ne troviamo traccia in altre culture ed è esplicitamente menzionato nei Testi Sacri del monoteismo, a partire dalla Torah ebraica fino al Corano islamico passando per il Culto Ortodosso, a testimonianza della grande importanza dell’Arcangelo nelle religioni abramitiche e non solo.
Le qualità psichiche che l’Arcangelo incarna ci raccontano di una battaglia che abita l’uomo dalla notte dei tempi: quella contro il male. L’etimologia fa risalire il suo nome all’espressione Mi-ka-El, ovvero “Chi è come Dio?” ed è rappresentato iconograficamente armato di spada o lancia nell’atto di uccidere il demonio, figura catalizzatrice di tutto ciò; che è male e mlavagio.
Il male viene raffigurato attraverso la storia e le culture nei modi più disparati ma torna sempre nel mito come controparte negativa dell’eroe, sotto le sembianze di drago, serpente o demonio vero e proprio. Secondo Erich Neumann, allievo di Jung e analista, si tratta di figure archetipiche, simboli transpersonali che emergono nel cammino evolutivo dell’umanità e dell’individuo (per chi fosse interessato, E. Neumann, “Storia delle origini della coscienza” edito da Astrolabio Ubaldini).
Secondo l’analista, nella biografia personale così come in quella collettiva arriva inevitabilmente il momento di incarnare la forza eroica e prettamente celeste dell’Arcangelo Michele e separare a livello psichico la luce dalle tenebre, attraverso l’uccisione simbolica del drago. Ma questo cosa rappresenta sul piano psicologico?
Semplificando, il drago incarna tutto ciò; che si oppone all’operosità del pensiero creativo e generativo, al coraggio di prendere decisioni e posizioni non guidate da mero interesse personale, di dire “No” quando le norme dei padri, le convenzioni, l’abitudine, l’appartenenza al gruppo esigerebbero un acritico e sommesso “Sì”.
Se l’Arcangelo con la sua spada solare è portatore di luce e invita ad affrontare le tenebre dell’inconscio, il drago con le sue spire trattiene, avvolge, ingloba. Rappresenta quella voce antica che ostacola il cambiamento e la trasformazione, che invita a stare comodi negli alibi che millenni di norme e tradizioni hanno codificato per proteggere l’ordine delle cose. Michele ricorda, invece, che si deve e si può; liberarsi da questa voce tanto magnetica quanto pericolosa.
E’ raffigurato spesso con la spada, con la lancia e con la bilancia: mentre i primi due oggetti rappresentano il collegamento tra Terra e Cielo, l’equilibrio produttivo tra femminile e maschile, la bilancia ricorda l’obiettivo da perseguire lungo la via: la vittoria sugli aspetti negativi costitutivi dei due poli opposti quando non integrati tra loro, l’educazione degli aspetti più bassi dell’animo umano, spesso rimossi e lasciati così agire come forze libere.
Nelle scuole Waldorf la festa di San Michele è la prima delle tre festività di preparazione al Natale: questa, seguita da S. Martino e S. Nicola, segna il percorso dell’animo umano verso la rinascita celebrata con la nascita del Bambino Sacro, Gesù. Il 29 settembre, pertanto, vengono donati ai bambini frutti di stagione e pani cotti per l’occasione che rappresentano i frutti dell’Albero della Conoscenza, invitando attraverso fiabe e attività didattiche ad immergersi nell’atmosfera autunnale.
Questo particolare periodo dell’anno è infatti caratterizzato da una luce che ha una qualità tutta particolare, e nelle notti autunnali i cieli stellati sembrano avere una maggiore profondità. La leggenda narra che se si ascolta con molta attenzione si può; quasi sentire il suono siderale e metallico delle stelle e dei corpi celesti dei quali è costituita la spada di Michele…