«Piccola mia, lo Spazio Sacro di ogni essere vive a metà strada tra il respiro inalato e il respiro esalato. Non è possibile vedere i suoi confini esteriori, ma il centro della sua dimora si trova nello Spazio tra due battiti di cuore.»
(Jamie Sams, tribù Seneca e Cherokee)
Se per i Nativi Americani investire cure e attenzioni nello Spazio Sacro di ogni cucciolo era di primaria importanza, oggi in Occidente tendiamo a dare priorità ad altri aspetti.
Guardiamo ai bambini come creature da plasmare e addestrare alla jungla del mondo adulto, pretendendo prestazioni e comportamenti esemplari sin dai primissimi anni. Di contro, spesso ci troviamo vittime di piccoli tiranni dal viso angelico, centro assoluto del nostro universo di genitori tanto che, esausti, non li piazziamo davanti allo schermo della TV per ottenere un momento di pace.
In ogni caso, parliamo di bambini sovrastimolati nei quali la precocità è premiata sotto tutti gli aspetti – anche quando una vocina, dentro di noi, vorrebbe farci rallentare perché in fondo sarà grande così presto … cosa importa quanto prima dei coetanei il nostro cucciolo impari a sillabare correttamente il proprio nome? Nel nostro cuore di genitore vorremmo solo guardarlo sorridendo mentre gioca, perfettamente “perso” nella sua Isola che non c’è.
La nostra cultura iper competitiva, iper attiva, iper stimolante spesso dimentica che l’infanzia è un universo a sé, retto da ritmi e leggi proprie, niente affatto una tabula rasa da riempire dei contenuti astratti e verbosi propri del mondo degli adulti. Insomma, il bambino non è un “non adulto” ma è quello che è, un essere umano dotato di una propria soggettività e di un proprio sguardo – incantato – sul mondo.
Ed è proprio quell’incanto che troppo spesso viene spezzato precocemente: l’irruzione del mondo degli adulti avviene indirettamente, attraverso i media della comunicazione – lo scrittore Jonathan Gottschall ci ricorda che “Quando i bambini americani hanno raggiunto l’età adulta avranno trascorso più ore davanti alla televisione che facendo qualsiasi altra cosa, scuola compresa.” – ma anche direttamente, attraverso una cultura che progetta il mondo dell’infanzia come una copia miniaturizzata di quello adulto.
Spesso è proprio un alto livello di scolarizzazione a spingerci a comunicare attraverso narrazioni e rappresentazioni altamente concettualizzate, proprie di un mondo che non è quello dell’infanzia e che ne violenta la spontanea capacità di attingere ad una propria saggezza immediata, fatta per lo più di immagini, colori, suoni e percezioni sensoriali. Questa (involontaria) richiesta di astrazione, può; persino generare risposte che vanno dal capriccio alla crisi di nervi, fino al comportamento apatico e/o ai deficit di attenzione, tutti sintomi che sempre di più vengono medicalizzati e trattati con psicofarmaci quando si potrebbero leggere come manifestazione di un disagio che chiede di essere ascoltato. Cosa ha disturbato il sano ciclo di crescita di nostro figlio? In che punto qualcosa si è spezzato? Come posso proteggerne l’interiorità in modo che abbia sempre accesso ad essa come ad un luogo sicuro e mai profanato?
In questo senso è proprio nella primissima infanzia che è possibile gettare le basi di un sano sviluppo, garantendo un nido di calore e quiete a cui poter sempre tornare, un equilibrio psicofisico per il quale è fondamentale la ritmicità dello svolgersi quotidiano: tutto ciò; che ha a che fare con la salute e il benessere di nostro figlio va regolato in modo ritmico, così da generare ordine e sicurezza . Tutto in natura si svolge secondo cicli regolati dal sole e dalla luna, dalle stagioni, dal giorno e dalla notte: così i pasti e la messa a nanna sono momenti cardine che, se accompagnati da rituali – quali il racconto di una fiaba o un canto – contribuiscono a creare un orizzonte di senso che permette al bambino di sentirsi protetto e di potersi orientare in maniera autonoma nello scorrere del tempo così come nello spazio. Questo lo rende re del proprio mondo, capace di aprirsi verso l’esterno perché sicuro di potere sempre ritrovarsi.
Quindi, se vogliamo garantire un’infanzia felice ai nostri figli, al bando le spiegazioni astratte, le risposte scientifiche e gli stress propri dei ritmi concitati della vita adulta. L’infanzia non durerà in eterno ma quanto più sarà rispettata e protetta, tanto più fornirà un’inesauribile “scatola dei ricordi” alla quale attingere in termini di creatività, resilienza, salute e intelligenza emotiva durante l’intera durata dell’esistenza. Tutte le energie precocemente incanalate nello sforzo mnemonico sono energie per sempre negate all’accrescimento dell’organismo in una direzione che rispetti i cicli dello sviluppo: se vogliamo che un bambino cresca sano e forte, dobbiamo innanzi tutto lasciare che le sue radici vadano nella direzione della profondità e gettino solide basi per lo sviluppo successivo del tronco e della chioma, senza avere fretta. Ogni cosa ha il suo tempo ed un proprio ritmo, anche l’essere umano.
Fonti e approfondimenti:
Jonathan Gottschall, L’istinto di narrare. Come le storie ci hanno reso umani, Bollati Boringhieri, Torino 2014
E.M. Grunelius, Educazione nella prima infanzia, in casa e all’asilo, Filadelfia Editore, 1994
Neil Postman, La scomparsa dell’infanzia, Armando Editore, 1994
Supplemento Notiziario Weleda, periodico semestrale